sabato 30 gennaio 2021

Modelli molecolari - Applicazione interattiva on line - Esplora la forma delle molecole costruendole in 3D!

Modello 3D - Acido Lattico - Rosso (Ossigeno), Grigio scuro (Carbonio), Bianco (Idrogeno) Formula grezza C3H6O3


Esplora la forma delle molecole costruendole in 3D! Come cambia la forma della molecola con diversi numeri di legami e doppietti elettronici? Scoprilo con l'aggiunte di legami singoli, doppi e triple e doppietti elettronici spaiati all'atomo centrale. Quindi confronta il modello con le molecole reali!

 

Rudiste - Ippuriti



Colonia fossile di Rudiste
Le rudiste (Rudistes), note anche come ippuritoidi (Hippuritoida Newell, 1965), sono un ordine estinto di molluschi Bivalvi dalla conchiglia spessa, ineguale, quasi sempre bentonici fissi. Appaiono nel Giurassico superiore, hanno il loro apogeo nel Cretaceo e si estinguono alla fine di questo periodo nell’oceano Tetide.
Sono forme peculiari dell'ambiente di piattaforma carbonatica, nell'ambito della quale costituiscono veri e propri corpi di scogliera organogena.
La loro fissità e l'estremo adattamento agli ambienti di reef hanno spesso fatto perdere alle Rudiste ogni tipo di somiglianza con gli altri Bivalvi.
Le Rudiste sono caratteristiche delle facies di reef e piattaforma carbonatica della provincia mesogea in Eurasia, Africa e America; non se ne conoscono in Australia e i Diceratidi sono sconosciuti in America. Relativamente poco modificati rispetto ai bivalvi più tipici, questi ultimi appartengono all'Oxfordiano.
La conchiglia è molto spessa, ritorta, arrotondata e poco ornata, più o meno inequivalve. La valva libera è spesso opercolare.
Diceras e Heterodiceras sono frequenti nelle facies di piattaforma carbonatica del Giurassico superiore.
Nei Requienidi, la valva fissa è fortemente arrotolata, mentre la valva libera è per lo più opercolare. Nei Monopleuridi, la conchiglia è spesso dell stesso tipo, ma talvolta anche tubolare. I generi Requienia, Matheronia, Toucasia e Monopleura hanno un ruolo notevole nelle facies di tipo urgoniano.
Caprotinidi e Caprinidi sono spesso raggruppati sotto il nome di Rudiste a canali, per la presenza nel guscio di un sistema di cavità e di canali. Solitamente i Caprotinidi non hanno canali, ma semplici cavità. I Caprinidi hanno sempre un sistema di canali la cui disposizione è più o meno complicata. Policonites, Horiopleura e Caprotina (Caprotinidi), da una parte, Caprina, Plaegioptychus e Ichthyosarcolithes (Caprinidi), dall'altra, sono frequenti in Francia.
 
Le Rudiste in senso stretto (Ippuritidi e Radiolitidi) sono caratterizzate da un'estrema deformazione della conchiglia. La valva fissa è cilindro-conica o a forma di cono più o meno appiattito. La valva libera, piatta, è opercolare. Gli Ippuritidi hanno una valva libera piatta, percorsa da pori e che può presentare due piccole aperture, gli "osculi". La valva fissa è conica o cilindro-conica, liscia o con costolature, con tre solchi longitudinali che corrispondono interiormente a tre pieghe del guscio: la cresta del legamento e i "pilastri". Vi sono opinioni diverse sul ruolo dei "pilastri", dato che i moderni Bivalvi ne sono tutti sprovvisti. Gli ippuriti compaiono con tutte le loro caratteristiche nel Turoniano e in seguito si modificano poco. Sono organismi coloniali che vivevano in condizioni analoghe a quelle del polipi e formano dei banchi. Come fossili, gli ippuriti, sono molto utili poiché permettono di stabilire delle scale stratigrafiche locali nella regione mediterranea.
Rudiste
I Radiolitidi hanno una valva fissa conica, più o meno svasata. La valva libera è piatta o conica. Il guscio è molto spesso, con struttura celluloprismatica. L'ornamentazione è formata da creste e da collaretti trasversali o da rilievi longitidinali, o da una combinazione di entrambi. Perlopiù esistono due zone con ornamentazione un po' diversa, le "bande sifonali", assimilate ai pilastri degli ippuriti. I Radiolitidi sono esistiti dall'Aptiano-Albiano (Cretacico inferiore) fino alla fine del Cretaceo.
Le rudiste, nel corso del Cretaceo, svilupparono abitudini di scogliera e furono tra i principali organismi a costituire barriere nei mari di fine Mesozoico. Non si sa effettivamente se le rudiste fossero veri e propri organismi costruttori, ma di certo l’habitat era quello di barriera. Questi animali furono tra i molti gruppi ad estinguersi alla fine del Cretaceo. Altri molluschi che scomparvero in quell’estinzione di massa furono gli inocerami (Inoceramus).

Supercontinente - Contiene Video


In geologia, un supercontinente è una massa di terra che comprende più di un cratone. Nell'attuale conformazione geofisica della Terra sono supercontinenti l'Eurafrasia, l'Eurasia e l'America.
Comunemente, i paleogeografi usano il termine supercontinente per fare riferimento a masse di terra singole che comprendono tutti i continenti moderni.

Il primo supercontinente di cui si abbia conoscenza è stato Vaalbara. Si formò da protocontinenti diventando supercontinente 3,6 miliardi di anni fa (3,6 Ga) e si scisse circa 2,8 Ga.
Kenorlandia si formò circa 2,7 Ga e si scisse dopo 2,5 Ga nei protocontinenti (cratoni) Laurentia, Baltica, Australia e Kalahari.
Nena si formò 2 Ga dall'unione di Arctica, Baltica e parte di Atlantica.
Columbia si formò 1,8 Ga, per unione di Nena e Atlantica, scindendosi 1,5 Ga.
Rodinia crebbe fra 1,2 e 1 Ga, dall'unione di Ur, Atlantica, Baltica e Nena e si scisse intorno a 750 milioni di anni fa.
Gondwana, Laurasia e Pannotia si originarono per la scissione di Rodinia.
Euramerica si formò 500 milioni di anni fa dalla fusione di Laurentia, Baltica e Avalonia.
Pangea si formò 290 milioni di anni fa per riunione di Gondwana e Laurasia.
Eurafrasia e America sono gli attuali supercontinenti derivanti dalla Pangea.

I movimenti delle placche tettoniche rimisero insieme i pezzi della Rodinia con una diversa disposizione durante il tardo Paleozoico, formando la Pangea. La Pangea successivamente si scisse nella Laurasia, supercontinente dell'emisfero nord e nella Gondwana, supercontinente dell'emisfero sud.
Secondo alcuni autori la formazione dei supercontinenti presenta una certa ciclicità, che li porta a formarsi e scindersi con una periodicità dell'ordine di 250 milioni di anni, conosciuto come Ciclo di Wilson.


Chimica - Gli idrocarburi - proprietà e classificazione . Video



Sinkholes in Guatemala

What has been called a "sinkhole" by the popular press formed suddenly in Guatemala in May 2010. Torrential rains from Tropical Storm Agatha and a bad drainage system were blamed for creating the 2010 "sinkhole" that swallowed a three story building and a house. This large vertical hole measured approximately 66 feet (20 m) wide and 100 feet (30 m) deep. A similar hole had formed nearby in February 2007.This large vertical hole, called a "sinkhole" in the popular press, is not a true sinkhole as it did not form via the dissolution either of limestone, dolomite, marble, or any other carbonate rock. Guatemala City is not underlain by any carbonate rock; instead, thick deposits of volcanic ash, unwelded ash flow tuffs, and other pyroclastic debris underlie all of Guatemala City. Thus, it is impossible for the dissolution of carbonate rock to have formed the large vertical holes that swallowed up parts of Guatemala City in 2007 and 2010. The large holes that swallowed up parts of Guatemala City in 2007 and 2010 are a spectacular example of "piping pseudokarst", created by the collapse of large cavities that had developed in the weak, crumbly Quaternary volcanic deposits underlying the city. Although weak and crumbly, these volcanic deposits have enough cohesion to allow them to stand in vertical faces and develop large subterranean voids within them. A process called "soil piping" first created large underground voids as water from leaking water mains flowed through these volcanic deposits and washed fine volcanic materials out of them, then progressively eroded and removed coarser materials. Eventually, these underground voids became large enough that their roofs collapsed to create large holes.
 
L’affondamento del terreno in Guatemala, a Città del Guatemala, ha prodotto un buco con un diametro di 30 metri e una profondità di circa 60 metri, portandosi dietro decine di edifici. La tragedia è avvenuta nel luglio del 2010 dopo il passaggio del ciclone tropicale Agatha.




I geologi spiegano che l’insolita forma rotonda ha a che fare con la forma delle grotte carsiche sotterranee. Il terreno in questa zona è ricca di calcare e sali che si dissolvono facilmente in acqua. 

mercoledì 27 gennaio 2021

Dinosauri: Il Protoceratops

Il Protoceratops (che significa “primo muso fornito di corno”), era un dinosauro erbivoro di piccole dimensioni, 1,8 m di lunghezza e 1 m di altezza, più o meno come un cane di grossa taglia o come un vitello. Nonostante l'aspetto minaccioso, a causa della testa imponente, del muso aguzzo a becco (simile a quello dei pappagalli), del grande collare sulle spalle, si cibava esclusivamente di vegetali.
Il corpo, pesante e tozzo, terminava in una lunga e spessa coda. Era un quadrupede, capace di raggiungere una discreta velocità. È considerato l'antenato di tutti i ceratopsidi, vissuto nel Cretaceo superiore circa 110-70 milioni di anni fa, in Mongolia.

Dinosauri: Styracosaurus


Molto noto grazie ai libri per bambini a causa del suo aspetto insolito, Styracosaurus (vuol dire: lucertola fornito di punte) fu un dinosauro erbivoro Ornitischio appartenente al sottordine dei Ceratopi, famiglia Ceratopsidi, sottofamiglia Centrosaurini. Fu ritrovato per la prima volta agli inizi del secolo scorso in Alberta (Canada) dal paleotologo Lambe nel 1913. Misurava 5,5 m di lunghezza ed era alto circa 2,5 m; visse 80 milioni di anni fa, nel Cretaceo superiore in Canada e Stati Uniti.


Come tutti gli appartenenti alla famiglia dei Ceratopsidi, anche lo stiracosauro aveva un collare osseo che si protendeva verso il collo; ma, a differenza di quasi tutte le altre specie, questo animale era dotato di sei lunghe spine che si proiettavano all'infuori del margine della gorgiera. Oltre a ciò, lo stiracosauro possedeva un corno nasale particolarmente lungo e dritto, e due piccole corna sopraorbitali. La vistosa testa era sicuramente utilizzata come deterrente verso potenziali predatori quali Albertosaurus, ma forse veniva fatta valere anche in scontri intraspecifici tra maschi.

martedì 26 gennaio 2021

Faglia diretta o normale - Contiene Video

A NORMAL FAULT (EARLY JURASSIC SEDIMENTARY ROCKS, GUMUSHANE, NE TURKEY).
Faglie dirette o normali: una faglia si dice diretta quando il tetto scende rispetto al muro. In questo caso il settore di crosta terrestre è interessato da un regime tettonico distensivo o divergente (ad esempio in occasione dell'apertura di un rift). Solitamente tali faglie presentano un piano avente inclinazione elevata, attorno ai 60°.
Schema semplificato di una faglia diretta
The Blue Anchor Fault

Chimica - Infografica - Purines & Pyrimidines

lunedì 25 gennaio 2021

La Classificazione degli Ammassi Rocciosi (Beniawsky, Romana)


Nel campo della progettazione di infrastrutture di ingegneria civile, siano esse legate alla stabilità di un versante o alla stabilità di un opera in sotterraneo, difficilmente si possono avere informazioni dettagliate sulle caratteristiche di resistenza e di deformabilità dell’ammasso roccioso interessato alla progettazione. Allora diventa importante poter utilizzare uno schema che possa soddisfare le richieste, un metodo empirico che permetta di risolvere i problemi dovuti alla scarsa conoscenza o esperienza di una determinata area. Le classificazioni di Beniawsky e Romana (la seconda è derivata dalla prima, che risultava troppo “conservativa”) consentono di soddisfare i quesiti richiesti e le problematiche che si presentano. La classificazione di Beniawsky si basa sul rilievo, in campagna o in laboratorio, di sei parametri:

A1 = resistenza a compressione uniassiale;
A2 = Rock Quality Designation Index (Indice RQD);
A3 = spaziatura delle discontinuità;
A4 = condizioni delle discontinuità;
A5 = condizioni idrauliche;
A6 = orientamento delle discontinuità.

Da questi sei parametri si ricava il Rock Mass Rating (RMR, Beniawsky) e con le dovute
correzioni apportate da Romana nel 1985 lo Slope Mass Rating (SMR).
L’RMR, nella pratica, viene differenziato come:

RMR di base = RMR  = A1 + A2 + A3 + A4 + A5
RMR corretto = RMR  = (A1 + A2 + A3 + A4 + A5) + A6


Tratto dal sito www.geostru.com
Per saperne di più scarica il file completo

Darvaza Gas Crater - La porta dell'inferno - Contiene Video


Gli abitanti locali lo hanno chiamato ‘La porta dell’inferno’, ma il suo nome ufficiale è Darvaza Gas Crater. Si trova a Darvaza, nel Turkmenistan ed è un cratere con un diametro calcolato tra i 60 e i 100 metri.
Questo gigantesco ‘buco’ risale a 40 anni fa (1971) e la sua origine è la seguente: l’allora Unione Sovietica finanziò una spedizione in questa regione al fine di trovare giacimenti di gas naturale; i geologi incaricati della ‘missione’ iniziarono le trivellazioni, ma nel corso dei lavori ci fu un cedimento della superficie sovrastante una caverna sotterranea piena di gas velenosi.
Per far sì che tali gas non raggiungessero il vicino paese di Darvaza, furono incendiati nella speranza che il fuoco poi si spegnesse in pochi giorni. Ma da allora quei fuochi continuano a bruciare. Di notte, la luce prodotta dalla combustione è visibile a molti chilometri di distanza.


venerdì 22 gennaio 2021

Convergenze Morfologiche (Minerali) Rose

Le convergenze morfologiche sono molto comuni in natura. Qui presentiamo tre minerali che pur presentandosi con la stessa forma hanno genesi e composizione molto diversa uno dall'altro. Altri esempi molto comuni in natura sono la forma affusolata dei pesci paragonata a quella di alcuni mammiferi marini, per esempio: balene, delfini, orche che ad una prima vista potrebbero essere classificati come pesci. Un'altro esempio abbastanza evidente è quello dei pipistrelli che pur essendo mammiferi hanno ad una prima vista le caratteristiche degli uccelli.

La rosa del deserto è una formazione minerale comune nei paesi desertici. Di colore che sfuma dall'arancione al giallo-ocra è un aggregato di cristalli di gesso che si forma in ben determinate condizioni ambientali e climatiche. Il litotipo ha genesi sedimentaria. Per formarsi questo minerale ci vogliono almeno due condizioni fondamentali: un giacimento evaporitico ed il clima arido. Nel deposito evaporitico sito ad una certa profondità giunge dell'acqua freatica (cioè sgorgante o filtrante dal sottosuolo) o di acqua piovana che sciolgono il solfato di calcio. La soluzione risultante tende man mano a risalire verso la superficie per il principio della capillarità e giunta ad una certa profondità prossima alla superficie, dov'è anche della sabbia, l'acqua comincia ad evaporare facendo cristallizzare il gesso.
Rosa del deserto - Gesso CaSO4·2(H2O)
L'azzurrite è un minerale, della famiglia dei carbonati. Minerale di alterazione di depositi a solfuri di rame in ambiente carbonatico, si forma a livelli più superficiali della malachite e spesso è da questa sostituito pseudomorficamente per idratazione. Presente anche come impregnazione di arenarie da parte di acque vadose carbonatiche venute a contatto con acque ricche di solfati di rame. È normalmente associato, oltre amalachite, a limonite, calcite, calcocite, crisocolla e ad altri minerali secondari di rame. Spesso in forme concresciute o riunite in aggregati a tessitura radiata; frequenti anche le pàtine e masserelle reniformi terrose, granulari o concrezionari più chiare. Comuni gli pseudomorfi di azzurrite su altri minerali.
Azzurrite Cu3(CO3)2(OH)2
La muscovite è un silicato appartenente al gruppo delle miche, è un termine estremo delle miscele isomorfe con cristalli costituiti da impacchettamenti di strati t-o-t (tetraedro-ottaedro-tetraedro).
È raro trovare cristallizzazioni euedrali distinte, si possono riscontrare geminati di compenetrazione. La sfaldatura perfetta di questo minerale (001) consente di ottenerne lamine molto sottili, trasparenti e flessibili, possiede una lucentezza vitrea perlacea, anche se si trova usualmente in miscele isomorfe con altre miche (biotite, di colore nero per la presenza di Fe). Il nome ha origine dalla città di Mosca dove questo minerale veniva usato al posto del vetro in elevata quantità, vi erano addirittura abitazioni che avevano finestre realizzate con la muscovite.
La muscovite è un minerale molto diffuso in rocce magmatiche intrusive alte in silice (acide) quali graniti (in particolare graniti alcalini, ricchi in potassio), sieniti e pegmatiti (in queste ultime rocce i cristalli sono molto grandi, anche di dimensioni centimetriche ed in alcuni casi metriche) e in rocce metamorfiche di basso (micascisti a muscovite) e medio grado (gneiss a muscovite).
La muscovite è nota anche come mica bianca o mica comune ed è ampiamente usata come materiale isolante in apparati elettrici ed in particolare nei tubi a vuoto. Gli scarti della produzione dei fogli di mica mescolati ad oli permettono di realizzare lubrificanti particolari per alte temperature essendo essa stessa ignifuga.L'origine è: da cristallizzazione come fenocristalli in ammassi magmatici intrusivi alti in silice e sufficientemente ricchi in potassio (magmi alcalini); come precipitati lungo fratture percorse da fluidi ipercritici in cui domina il sotto sistema magmatico H - C - O (magmi tenui in cui prevale H2O rispetto a CO) nei confronti della normale composizione silicatica dei magmi (pegmatiti); da blastesi metamorfica, dovuta a riorganizzazione strutturale allo stato solido di minerali delle argille sottoposti a temperature e pressioni tipiche dell'ambiente metamorfico (in particolare nel basso grado).
Rocce sedimentarie detritiche dovute al disfacimento di rocce magmatiche e metamorfiche contenenti muscovite primaria (arenarie arkosiche) possono contenere quantità anche elevate di muscovite. Nell'ambiente sedimentario, comunque, la muscovite non è stabile e i processi di idrolisi dei silicati (che avvengono in presenza di acque meteoriche di superficie o di falda vadosa, o di ambiente marino) tendono a distruggere rapidamente la muscovite, dando luogo a fillosilicati autigenici stabili (argille).
La varietà verde è nota anche con il nome di fuchsite. Si tratta di una muscovite cromifera, anche se è stata utilizzata poco come materiale per estrarre il cromo perché come sfruttamento è poco redditizio. Il cromo è responsabile del suo colore verde. Se si guarda attentamente si vedono delle linee e se si guarda in controluce e perpendicolarmente a queste linee si vede la sua caratteristica lucentezza tra grassa e madreperlata. L'astrolite è una varietà di muscovite che si presenta sotto forma di aggregati sferici di cristalli tabulari originariamente considerata una specie a se stante.

Muscovite KAl2(Si3Al)O10(OH,F)2

Muscovite con Apatite

Chimica - Gli elementi - Idrogeno H


L'Idrogeno è il primo degli elementi chimici, ha simbolo H e peso atomico 1,008.

Dell'Idrogeno sono noti tre isotopi (si chiamano isotopi gli elementi che hanno lo stesso numero di protoni e un numero diverso di neutroni). Il più comune è il Prozio il cui nucleo ha un solo protone. Segue il Deuterio, al nucleo ha un protone e un neutrone e il Trizio, che ha un protone e due neutroni.
Gli isotopi dell'idrogeno più diffusi; da sinistra a destra: prozio, deuterio e trizio.

L'idrogeno è l'elemento più abbondante dell'universo osservabile. È presente nell'acqua (11,19%) e in tutti i composti organici e organismi viventi. Forma composti con la maggior parte degli elementi, spesso anche per sintesi diretta.

A pressione atmosferica e a temperatura ambiente (298 K), l'idrogeno si trova sotto forma di un gas biatomico avente formula H2. Tale gas è incolore, inodore, insapore ed altamente infiammabile, con un punto di ebollizione di soli 20,27 K e un punto di fusione di 14,02 K. Si ricorda che 0°K sono uguali a circa 273°C.

Le stelle sono principalmente composte di idrogeno nello stato di plasma di cui rappresenta il combustibile delle reazioni termonucleari, mentre sulla Terra è scarsamente presente allo stato libero e molecolare e deve quindi essere prodotto per i suoi vari usi. In particolare è usato nella produzione di ammoniaca, nell'idrogenazione degli oli vegetali, in aeronautica (in passato nei dirigibili), come combustibile alternativo e, di recente, come riserva di energia nelle pile a combustibile. Inoltre è occluso in alcune rocce, come il granito.

La molecola dell’idrogeno è biatomica H2; le molecole sono molto stabili e soltanto a temperatura elevata si dissociano parzialmente in atomi; tale dissociazione si realizza facendo passare un getto di idrogeno nell’arco elettrico fra due elettrodi di tungsteno; gli atomi così liberati si ricombinano quasi subito, specialmente in contatto con superfici metalliche; nella zona prossima all’arco si raggiungono temperature molto elevate per l’elevato calore di ricombinazione degli atomi in molecole (430,7 kJ/mol).

L’idrogeno si combina direttamente con gli alogeni, con lo zolfo, con il selenio, con l’azoto, con il carbonio; con l’ossigeno si combina a formare acqua secondo la reazione esotermica
2H2+O2 ⇄ 2H2O
La reazione avviene lentamente sotto 550 °C, ma con andamento esplosivo a temperatura più elevata (da qui il nome di miscela tonante per la miscela ossigeno-idrogeno). Con i metalli alcalini e alcalino-terrosi e con alcune terre rare l’idrogeno forma idruri salini; con diversi elementi di transizione forma vere e proprie leghe. L’idrogeno è un energico riducente (riduce a metallo diversi ossidi e tanto più facilmente quanto minore è il loro calore di formazione).

Per saperne di più cominciate da qui.
Tavola Periodica degli elementi, anche interattiva, stampabile e scaricabile.


Valori indicativi del coefficiente di Poisson (ν) di alcuni Terreni e Rocce



 
Vedi anche: 


ManualeCARL10.pdf
Visualizza Scarica
Manuale del Software Carl 10 della Aztec informatica, sono presenti delle tabelle con vari valori caratteristici: Modulo elasticità, peso specifico, angolo d'attrito ed altro.  

mercoledì 20 gennaio 2021

Valori indicativi del modulo elastico di alcuni terreni

ManualeCARL10.pdf
Visualizza Scarica
Manuale del Software Carl 10 della Aztec informatica, sono presenti delle tabelle con vari valori caratteristici: Modulo elasticità, peso specifico, angolo d'attrito ed altro.  
 

sabato 16 gennaio 2021

La mole e volume molare - Definizione - Chimica


Un campione di materia, anche piccolo, contiene un gran numero di particelle (atomi, molecole, ioni). Per poter confrontare le quantità di sostanze differenti si deve utilizzare un’unità che indichi un numero molto alto di particelle, questa unità è la mole che può essere usata non solo per gli atomi ma anche per molecole, elettroni e ioni.
Nel Sistema Internazionale di misura essa rappresenta l’unità di sostanza e viene indicata col simbolo mol (n), la definizione è la seguente: la mole è la quantità di sostanza contenente tante particelle
elementari quanti sono gli atomi che si trovano in 12,0 grammi di carbonio-12.
È importante specificare sempre a quale entità si fa riferimento: atomi, ioni, molecole, ecc. Se l’entità non viene specificata vuol dire che si fa riferimento ad una mole di molecole.
La mole contiene un numero noto di particelle elementari, 6,023×10 alla 23 detto numero di Avogadro in onore dello scienziato italiano Amedeo Avogadro.
Nel SI (Sistema Internazionale) la massa molare di una sostanza è una quantità espressa in grammi/mol che è numericamente uguale alla massa molecolare o atomica della sostanza considerata.

Strettamente collegato al concetto di mole è quello di volume molare per il quale: una mole di un qualsiasi gas, in condizioni standard (STP), alla temperatura di 0°C e alla pressione di 1 atm, occupa il volume di 22,4 litri, detto volume molare.
Standard Temperature and Pressure  cioè STP equivalgono a 0°C di temperatura e 1 atm di pressione.
Ad esempio, una mole di acqua ha massa 18 grammi e contiene 6,02×10 alla 23 molecole di acqua; una mole di metano pesa 16,043 grammi e contiene  6,02×10 alla 23 molecole,  una  mole  di C-12 pesa 12g e contiene 6,02×10 alla 23 atomi di C-12.
Si dovrebbe pensare alla mole non come ad un peso ma come un insieme di particelle, così come si pensa ad un paio, ad una dozzina, un centinaio.

venerdì 8 gennaio 2021

Libro: Atlante geologico dei vini d'Italia


Il vino è un frutto della terra. La natura del suolo determina in misura essenziale le qualità del prodotto finito: aromi e gusto di un calice in degustazione. Banale solo in apparenza, questo tema è al centro del nostro progetto: "l'atlante" è un'opera per un pubblico scelto e competente di tecnici e grandi cultori del vino. Un volume di consultazione per chi voglia approfondire i grandi vini italiani in modo senz'altro più tecnico, ma sempre accessibile. Si affronta il tema vitivinicolo: dalle Alpi all'estremo meridione, passando in rassegna i nostri vini migliori, vediamo quanto incida (non meno del clima e della lavorazione) la qualità del suolo agricolo.


E in chiusura di ciascun capitolo, degustiamo quattro bottiglie per ciascuna Doc o l'ancor più selettiva DOCG, controllata e garantita, evidenziandone le note tipiche riconducibili al fattore-suolo: è la prova del nove. Nella introduzione, chiariti i concetti essenziali, scorriamo la carta geologica italiana per collocarvi le principali aree viticole. Passiamo quindi in rassegna i 35 vitigni autoctoni e i 5 internazionali che sono l'anima dell'infinità varietà della nostra produzione. Quindi di area in area, Barolo, Asti, Franciacorta, Prosecco, Collio, Cinque Terre, Chianti, Brunello, Bolgheri, Verdicchio, Cannonau e avanti ancora fra le DOC e DOCG, uno alla volta, ciascun territorio è velocemente schedato a analizzato dagli autori.

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