mercoledì 2 novembre 2016

Terremoti, Edifici e Risonanza


Si ha risonanza quando una forza esterna agisce su un sistema fisico con una frequenza capace di amplificare il moto del sistema stesso.
La comune altalena che si trova nei parchi da gioco è in sostanza un pendolo. Esso ha, come tutti i pendoli, una frequenza tipica di oscillazione. Per spingere una persona sull’altalena, in modo da ottenere un moto sempre più ampio, dobbiamo imprimere all’altalena delle spinte anche piccole, ma sempre sincronizzate con il suo moto: quando l’altalena è tornata indietro al massimo e comincia a tornare in avanti, una piccola spinta ne aumenta l’ampiezza di oscillazione. Spinta dopo spinta, l’oscillazione diventa sempre più ampia e più veloce: è un esempio di un fenomeno generale, che avviene in meccanica, acustica ed elettromagnetismo e si chiama risonanza.
Un esempio famoso dei possibili effetti della risonanza è il crollo del ponte di Angeres,in Francia,avvenuto nel 1850.In quell’occasione passarono sul ponte diverse centinaia di soldati, che marciavano al passo: i colpi dei piedi sul ponte lo fecero vibrare in modo tale da amplificarne le oscillazioni spontanee, proprio come avviene nell’altalena; mediante tale meccanismo, queste oscillazioni si amplificarono fino a staccare i cavi che sorreggevano il ponte dai loro punti di ancoraggio.
In molti casi la risonanza è anche la causa dei danni arrecati dal terremoto. Per esempio, nel 1989 un violento terremoto avvenuto nella zona di San Francisco, in California, fece crollare un tratto di autostrada sopraelevata. In quell’occasione le onde sismiche avevano una frequenza di circa 1,4 Hz e sono entrate in risonanza con le oscillazioni della carreggiata. La strada ha dunque iniziato a vibrare con un’ampiezza sempre più grande, fino a crollare.
Tratto da: http://online.scuola.zanichelli.it/amaldi-files/Cap_16/Risonanza_Cap16_Par3_Amaldi.pdf

martedì 4 ottobre 2016

Grand Canyon


Il Grand Canyon è un'immensa gola creata dal fiume Colorado nell'Arizona settentrionale. È lungo 446 chilometri circa, profondo fino a 1.600 metri e con una larghezza variabile dai 500 metri ai 27 chilometri. Quasi due miliardi di anni della storia della Terra sono emersi alla luce grazie all'azione del Colorado e dei suoi affluenti, che in milioni di anni hanno eroso, grazie all'azione delle sue acque, gli strati sedimentari e grazie al sollevamento del Colorado Plateau, si è messa in luce una delle più belle sezioni geologiche della Terra.
Vista dallo spazio. Click per ingrandire
The Legend of Dead Horse Point
Dead Horse Point is a peninsula of rock atop sheer sandstone cliffs. The peninsula is connected to the mesa by a narrow strip of land called the neck. There are many stories about how this high promontory of land received its name. According to one legend, around the turn of the century the point was used as a corral for wild mustangs roaming the mesa top. Cowboys rounded up these horses, herded them across the narrow neck of land and onto the point. The neck, which is only 30-yards-wide, was then fenced off with branches and brush. This created a natural corral surrounded by precipitous cliffs straight down on all sides, affording no escape. Cowboys then chose the horses they wanted and let the culls or broomtails go free. One time, for some unknown reason, horses were left corralled on the waterless point where they died of thirst within view of the Colorado River, 2,000 feet below.
Figura 1. Una sezione geologica trasversale del Grand Canyon. I numeri neri corrispondono ai numeri delle sottosezioni nella sezione 1 e i numeri bianchi si riferiscono al testo
6 - Hermit, Coconino, Toroweap, and Kaibab
5 - en:Supai Group
4 - Temple Butte, Redwall, and Surprise Canyon
3 - en:Tonto Group
2 - en:Grand Canyon Supergroup
1 - en:Vishnu Group

Fonte del Testo:  http://www.facebook.com/GeoLogics


sabato 17 settembre 2016

Quartzite - Quarzite

Quartzite
Quartzite (from German Quarzit) is a hard, non-foliated metamorphic rock which was originally sandstone. Sandstone is converted into quartzite through heating and pressure usually related to tectonic compression within orogenic belts. Pure quartzite is usually white to gray, though quartzites often occur in various shades of pink and red due to varying amounts of iron oxide (Fe2O3). Other colors, such as yellow and orange, are due to other mineral impurities.

When sandstone is metamorphosed to quartzite, the individual quartz grains recrystallize along with the former cementing material to form an interlocking mosaic of quartz crystals. Most or all of the original texture and sedimentary structures of the sandstone are erased by the metamorphism. Minor amounts of former cementing materials, iron oxide, silica, carbonate and clay, often migrate during recrystallization and metamorphosis. This causes streaks and lenses to form within the quartzite.

Orthoquartzite is a very pure quartz sandstone composed of usually well rounded quartz grains cemented by silica. Orthoquartzite is often 99% SiO2 with only very minor amounts of iron oxide and trace resistant minerals such as zircon, rutile and magnetite. Although few fossils are normally present, the original texture and sedimentary structures are preserved. The term is often misused, and should be used for only tightly-cemented metamorphic quartzites, not quartz-cemented quartz arenites. The typical distinction between the two (since each is a gradation into the other) is a proper quartzite is so highly cemented, diagentically altered, and metamorphosed that it will fracture and break across grain boundaries, not around them. Quartzite is very resistant to chemical weathering and often forms ridges and resistant hilltops. The nearly pure silica content of the rock provides little to form soil from and therefore the quartzite ridges are often bare or covered only with a very thin layer of soil and little vegetation.

La quarzite è un tipo di roccia metamorfica composta in netta prevalenza da quarzo. Deriva dallo smantellamento e successivo passaggio metamorfico di quarzoareniti. Le varietà più incolori, trasparenti e dall'aspetto vitreo sono composte quasi esclusivamente di quarzo.
Al quarzo possono essere associati altri minerali quali miche, feldspato potassico, plagioclasi, carbonati, ecc.. Data la grande stabilità del quarzo (non altera), le informazioni sul grado metamorfico sono date proprio dai minerali accessori. La tessitura è prevalentemente massiva, ma la presenza di miche può trasformala in scistosa.
Le quarziti derivano da rocce sedimentarie come arenarie, selci ma anche da apliti e pegmatiti.
La selce, roccia sedimentaria composta quasi esclusivamente di silice, non va confusa con la quarzite.
Hanno impiego in edilizia ed anche nell'industria dei refrattari e della ceramica, nonché in quella del vetro.
Abandoned quartzite mine in Kakwa Provincial Park and Protected Area near Wishaw Lake

venerdì 16 settembre 2016

Convertitore Unità di Misura - Contiene File da scaricare



Questo è stato prelevato dal sito:http://www.aztec.it ed è utilissimo.
Scaricalo

Come convertire le unità di misura
Il modo più semplice per convertire un valore da un'unità di misura ad un'altra è quello di moltiplicarlo per il fattore di conversione espresso con le corrette unità di misura. Si considerino i seguenti esempi.
Vogliamo convertire 6 piedi in metri. Sappiamo dalla tabella riportata in calce che un piede equivale a 0,3048 metri. Scriviamo allora:
6 piedi × 0,3048 m/piede = 1,8288 m

L'unità di misura "piedi" si semplifica, lasciando solamente i metri, ovvero l'unità desiderata. (essendo 0,3048 un valore definito per convenzione, la precisione del valore calcolato dipende unicamente dalla precisione del valore originale, ovvero 6 piedi: se la conversione è stata utilizzata per introdurre una nuova definizione, può essere corretto lasciare cinque cifre significative come nel nostro esempio; se invece stiamo convertendo una misura, il risultato andrebbe arrotondato in maniera opportuna.)

Supponiamo che il valore calcolato equivalga alla nostra altezza: 1,83 m. Convertiamo questo valore in pollici:

1,83 m / (0,0254 m/pollice) = 72,0 pollici

Possiamo verificare il risultato eseguendo l'operazione inversa:

72 pollici / (12 pollici/piede) = 6,0 piedi

Si tratta del valore di partenza. Questo conferma la bontà delle operazioni eseguite.

È possibile convertire simultaneamente più unità di misura in maniera analoga:

7 miglia/s × 1,609344 km/miglio × 3600 s/h = 40000 km/h

La velocità di fuga della Terra è pari a circa 7 miglia al secondo, ovvero 40.000 chilometri all'ora. È opportuno ricordare che i valori ottenuti mediante conversione dovrebbero avere lo stesso numero di cifre significative dei valori originari, come in questo caso (il "7" è l'unica cifra significativa del valore originario, come il "4" è l'unica cifra significativa del valore calcolato).

La scelta di moltiplicare o dividere per il fattore di conversione è determinata dalla necessità di "semplificare" le unità di misura come se si trattasse di semplici parametri algebrici: se nell'esempio di cui sopra avessimo diviso per 3600 s/h anziché moltiplicare, il risultato sarebbe stato espresso in chilometri per ora fratto secondi al quadrato, un'unità di misura chiaramente priva di senso.
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giovedì 15 settembre 2016

Il Terremoto dell'Emilia Romagna del 2012 - USGS Tavola in HD da scaricare

Cliccare sull'immagine per ingrandire. Cliccare sull'immagine con il tasto destro del mouse e scegliere "salva immagine" per il download 
Il terremoto dell'Emilia del 2012 è stato un evento sismico costituito da una serie di scosse localizzate nel distretto sismico della pianura padana emiliana, prevalentemente nelle province di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia,Bologna e Rovigo, ma avvertite anche in un'area molto vasta comprendente tutta l'Italia Centro-Settentrionale e parte della Svizzera, della Slovenia, della Croazia, dell'Austria, della Francia sud-orientale e della Germania meridionale. Già tra il 25 e il 27 gennaio 2012 si ebbero in zona fenomeni significativi, ma la prima scossa più forte, di magnitudo MI 5,9 e Mw 5,86 è stata registrata il 20 maggio 2012 alle ore 04:03:52 ora italiana (02:03:52 UTC), con epicentro nel territorio comunale di Finale Emilia (MO), con ipocentro a una profondità di 6,3 km.
Il 29 maggio 2012 alle ore 09:00:03 ora italiana (07:00:03 UTC), una nuova scossa molto forte di magnitudo MI 5,8 e Mw 5,66 è stata avvertita in tutta l'Italia Settentrionale, creando panico e disagi in molte città come Ferrara,Modena, Reggio Emilia, Bologna, Mantova e Rovigo; l'epicentro è situato nella zona compresa fra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro. A quella delle 9:00 sono seguite altre tre scosse rilevanti: una alle 12:55 di magnitudo 5,4, una alle 13:00 di magnitudo 4,9 e un'ulteriore scossa alla stessa ora di magnitudo 5,2.
Il 31 maggio 2012 alle 16:58 una scossa di magnitudo 4,0 con epicentro a Rolo e Novi di Modena, ha colpito la zona della bassa reggiana e dell'oltrepò mantovano, già molto provate dalle scosse dei giorni precedenti che avevano avuto come epicentro la vicina area della bassa modenese. Sempre la sera del 31 maggio alle ore 21:04 si è verificata una scossa di magnitudo 4,2 con epicentro a San Possidonio.
Queste scosse sono state seguite da uno sciame sismico con scosse di magnitudo variabile di minore entità scala Richter. Un'altra scossa di magnitudo 5,1 è stata avvertita in tutto il Nord Italia il 3 giugno 2012 alle ore 21:20:43 ora italiana (19:20:43 UTC), con epicentro in Novi di Modena.
Le accelerazioni di picco registrate dall'accelerometro di Mirandola durante le scosse più forti del 20 maggio e del 29 maggio sono state rispettivamente di 0,31 g e di 0,29 g, valori che in base alla carte vigenti di pericolosità sismicarenderebbero stimabile in circa 2500 anni il tempo di ritorno di ciascun evento nella medesima area.
I due eventi sismici principali hanno causato un totale di 27 vittime (22 nei crolli, tre per infarto o malore e due per le ferite riportate), in maggioranza dipendenti di aziende distrutte. Il 4 giugno 2012 è stato proclamato giornata di lutto nazionale per le vittime del terremoto.
L'intensità massima dei terremoti, stimata come cumolo degli effetti della sequenza, è stata pari a 8, secondo la Scala Macrosismica Europea (EMS-98).
Tavola scaricabile e stampabile in HD

mercoledì 14 settembre 2016

Prove Spt e Modulo di Taglio - Formule di Correlazione

Formule di Correlazione
Una premessa: tutte le formule che seguono sono sperimentali. I valori del Modulo di deformazione di Taglio G0 ottenibili dall'applicazione delle formule sono da ritenersi indicativi nel rispetto della validità e applicabilità delle stesse.

Per saperne di più consultare qualche buon testo di  Geologia Applicata
  ( se notate degli errori nelle formule prego chiunque di comunicarmelo)

Crespellani & Vannucchi
Validità: Sabbie in generale
Ohsaki & Iwasaki
Validità: Sabbie anche con fine plastico

Fluorite - Fluoruro di Calcio - CaF2

Fluorite - Valzergues Mine, Aveyron, Midi-Pyrénées France - (39x20cm)
La Fluorite è un minerale, fluoruro di calcio di formula CaF₂, appartenente alla classe esacisottaedrica del sistema monometrico . Si presenta in cristalli isolati di forma cubica, cubottaedrica o, più raramente, in ottaedri; frequente anche in aggregati e in masse spatiche, come pure in geminati compenetrati.
Cristallo Ottaedrico di Fluorite
È un tipico minerale allocromatico: incolore se perfettamente puro, ma di solito colorato in blu-violetto, in verde, in giallo e in rosa. Ha durezza 4 (quarto termine della scala di Mohs) e perfetta sfaldatura secondo le facce dell'ottaedro; presenta in molti esemplari una spiccata fluorescenza.
Tale fenomeno sembra dovuto a difetti del reticolo cristallino provocati dalla presenza di impurità. La fluorite è di origine pegmatitica e si trova perciò associata a cassiterite, topazio, tormalina e quarzo; è presente inoltre nelle cavità di rocce granitiche e neifiloni.

Fluorite Fluorescente con quarzo e pirite - El Hamman - Marruecos - 91g - 55 x 39 mm
È usata per la preparazione di acido fluoridrico e come fondente nell'industria metallurgica; in ottica i cristalli di fluorite perfettamente trasparenti vengono impiegati per le lenti degli obiettivi apocromatici. La fluorite è un minerale molto diffuso. Gli esemplari migliori provengono dalle miniere inglesi (Weandale nel Durham, Alston e Cleator Moor nel Cumberland); altri campioni, pregiati per il colore roseo, provengono dalla Svizzera dalla zona del Gottardo. In Italia bei cristalli isolati sono stati trovati nel Sarrabus in Sardegna e a Corvara in val di Pennes; nella forma spatica la fluorite si trova poi nei filoni della val Trompia e nella val Ganna come ganga della galena, e nei filoni della val Brembana dove accompagna la blenda.
Testo da; Sapere.it - Foto: Wikipedia.it

lunedì 12 settembre 2016

Chimica per la Scuola Media Superiore - Download Gratis


Presentazione
Questo ebook fa parte di una collana di ebook con licenza Creative Commons per la scuola. Il titolo Chimica C3 vuole indicare che il progetto è stato realizzato in modalità Collaborativa e con licenza Creative Commons, da cui le tre “C” del titolo. Non vuole essere un trattato completo sull’argomento ma una sintesi sulla quale l’insegnante può basare la sua lezione, indicando poi altre fonti per gli approfondimenti. Lo studente può consultarlo come riferimento essenziale da cui partire per approfondire. In sostanza l’idea è stata quella di indicare il nocciolo essenziale della disciplina, nocciolo largamente condiviso dagli insegnanti. La licenza Creative Commons scelta permette non solo di fruire liberamente l’ebook ma anche di modificarlo e personalizzarlo secondo le esigenze dell’insegnante e della classe. Chiunque può contribuire a migliorare questo ebook, segnalando integrazioni, modifiche e sviste al coordinatore del progetto.
antoniobernardo@matematicamente.it

Prove Spt e Angolo d'attrito, formule di correlazione

                                       
Una premessa: tutte le formule che seguono sono sperimentali. I valori di angolo di attrito ottenibili dall'applicazione delle formule sono da ritenersi indicativi nel rispetto della validità e applicabilità delle stesse.
Per saperne di più consultare qualche buon testo di Geologia Applicata
( se notate degli errori nelle formule prego chiunque di comunicarmelo)


Japanese National Railway
Valida per sabbie medie grosse e ghiaiose
 Applicabilità: Profondità superiori a 8 m non in falda, se in falda superiori a 15 m

 Road Bridge Specification
Valida per sabbie fini o limose
Applicabilità: Profondità superiore a 8 m non in falda, se in falda superiori a 15 m.

 De Mello
Valida per Sabbie in genere.
Applicabilità: Tranne che per i primi 2 m dal piano campagna.
Sowers (1961)
 Valida per Sabbie in genere.
Applicabilità: Profondità inferiori a 4 m non in falda, se in falda inferiori a 7 m.
Malcev (1964)
Valida per Sabbie in genere.
Applicabilità: Tranne che per i primi 2 m dal piano campagna.
Peck-Hanson & Thornburn
 Valida per Sabbie in genere.
Applicabilità: Profondità inferiori a 5 m non in falda, se in falda inferiori a 8 m.
Owasaki & Iwasaki
Valida per Sabbie da medie a debolmente ghiaiose.
Applicabilità: Profondità superiori a 8 m non in falda, se in falda superiori a 15 m.
Hatanaka & Uchida
 Meyerhof (1965)
Valida per sabbie in genere.
Applicabilità 1.: Profondità inferiori a 5 m non in falda, se in falda inferiori a 8 m.
Applicabilità 2.: Profondità inferiori a 3 m non in falda, se in falda inferiori a 5 m. 

sabato 10 settembre 2016

Libro: Fisica per la scuola media superiore di Gerardo Troiano - Download Gratis


Prefazione
Tutte le opere che si rispettino hanno una prefazione e per dare dignità di pubblicazione
“scientifica”, forse abbiamo già esagerato, a questo volume, è giusto che ve ne sia una.
Il tutto nasce dalla volontà manifesta di far abolire definitivamente i canonici libri di testo “a
pagamento” tra i banchi delle nostre classi, non fosse altro per non ascoltare più
l’insostenibile alibi di numerosi alunni circa l’indisponibilità del loro libro di testo per una
qualche recondita ragione, spesso però davvero concreta.
Ma non è solo per questo. La volontà vera è di venire incontro alle esigenze delle famiglie
sempre più strette nella morsa e nelle paure dell’inizio di un altro anno scolastico che li vedrà
tristemente protagonisti di acquisti di libri di testo sempre più esosi.
E’ evidente che questo lavoro è frutto di una rielaborazione (quando la fanno gli alunni la
chiamiamo copiatura!) di contenuti trovati qua e la su Internet, mentre in pochi arditi slanci
pindarici, ho inteso scrivere di pugno considerazioni con la speranza che fossero più chiare di
quelle che ho trovato nella rete. Cercherò di citare, a fine libro, le fonti da cui attingo anche i
singoli testi, anche se preannuncio che molti di questi, sono presi da Wikipedia o comunque
da articoli scritti da altre scuole, che puntualmente citerò.
Chiariamo subito: questo libro non è la fine di un percorso ma solo l’inizio. La possibilità di
ampliarlo con ulteriori problemi svolti e proposti, nonché aggiustamenti ed aggiunte anche alle
parti teoriche, è il dogma che deve condurci ad un suo miglioramento, in modo che tutti ne traggano
beneficio.
In questo contesto di fattivo collaborazionismo (pardon forse era quello delle spie…) potete segnalare qualunque errore (orrore) che troverete tra queste pagine aiutandoci a trasformarlo in qualcosa di migliore. È un libro aperto in ogni senso, ognuno può contribuire a scriverlo ed ampliarlo. 
Il volume si presenta con tutti gli standard tipografici e di legge pronto per essere stampato come libro di testo o consultato come un e-book direttamente dal proprio PC o tablet.
Tutti possono collaborare “gratuitamente” a questo progetto contattandomi all’indirizzo  
gerardo.troiano@istruzione.it
 Lesina, marzo 2013  Gerardo Troiano

Programmazione delle Indagini Geognostiche - Contiene File scaricabile


Ogni opera di ingegneria civile interagisce con una parte del sottosuolo, detta volume significativo.
Il comportamento dell’opera dipende, oltre che dai carichi applicati, dalla geometria e dalle proprietà fisico-meccaniche dell’opera e dalle caratteristiche del sottosuolo all’interno del volume significativo.
La geometria e le proprietà fisico meccaniche dell’opera sono generalmente dati del problema,
noti con buona approssimazione e modificabili in fase di progetto. Ad esempio si può variare lo spessore di un solaio, o la classe di un calcestruzzo, o la pendenza dei fianchi di un rilevato. Le caratteristiche del volume significativo di sottosuolo sono invece quasi sempre immodificabili e sono tutte da determinare.
Lo scopo delle indagini in sito è identificare le condizioni stratigrafiche e di falda all’interno del volume significativo di sottosuolo, e di caratterizzare, congiuntamente con le indagini di laboratorio, il comportamento meccanico delle diverse formazioni presenti.
Nella programmazione e interpretazione delle indagini in sito sono di valido aiuto le conoscenze di geologia, ma ancora più importanti, anzi essenziali, sono le conoscenze ingegneristiche dell’opera da realizzare. Infatti la progettazione geotecnica passa attraverso la definizione di un modello geotecnico, ovvero di uno schema semplificato della realtà fisica, che concili quanto più possibile variabilità e complessità naturale con procedure e metodi di calcolo che conducano ad una soluzione quantitativa affidabile, anche se non esatta, del problema ingegneristico.
Tratto da: Dipartimento di Ingegneria Civile – Sezione Geotecnica, Università degli Studi di Firenze
J. Facciorusso, C. Madiai, G. Vannucchi – Dispense di Geotecnica (Rev. Settembre 2006)
Scarica il Capitolo completo


Per quanto riguarda la distanza tra i sondaggi ed il numero di verticali da esplorare, utile può essere lo schema seguente:
Se non sapete quanti sondaggi programmare attenetevi a questa tabella: è un buon inizio, dopo variatela in base alla situazione geologica locale.
Scarica il Capitolo completo



giovedì 8 settembre 2016

Marne - Roccia sedimentaria

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


La marna è una roccia sedimentaria, di tipo terrigeno, composta da una frazione argillosa e da una frazione carbonatica data generalmente da carbonato di calcio (calcite) CaCO3 , oppure da bicarbonato di magnesio e calcio (dolomite) [MgCa(CO3)2]. Nelle marne tipiche la percentuale di carbonato di calcio va dal 35% al 65%; al di sopra e al di sotto di questi valori si hanno termini transizionali a calcari (o dolomie) per alti contenuti di carbonato, ovvero ad argille per bassi contenuti di carbonato. Questo tipo di roccia deriva da sedimenti fangosi, di origine prevalentemente marina, sedimentati in condizioni di bassa energia del mezzo.
La componente argillosa si depone per lenta decantazione di particelle d'argilla (dimensioni inferiori a 0,0625 mm).
Trubi
La componente carbonatica può essere originata dalla precipitazione di sali o dalla deposizione di particelle organogene, derivate cioè da resti microscopici di organismi a scheletro o guscio calcareo.
L'utilizzo industriale principale delle marne è nella produzione di miscele cementizie.
Le marne sono rocce derivate dalla diagenesi di fanghi a composizione mista, costituiti da frazioni variabili (vedi lo schema riportato) di carbonato di calcio e di minerali argillosi.
Trubi, Pliocene inf. Scala dei Turchi. Realmonte - Agrigento, Sicily, Italy.
La frazione terrigena fine è originata dal dilavamento di aree continentali adiacenti l'area di sedimentazione, mentre la frazione carbonatica può derivare da precipitazione chimica (nel caso di bacini lagunari o lacustri con sedimentazione evaporitica), oppure dalla sedimentazione per decantazione di resti di organismi microscopici con guscio o scheletro a composizione calcarea. L'ambiente sedimentario di questo litotipo può essere lagunare, marino o lacustre. I clasti, di composizione prevalentemente fillosilicatica hanno una grana con dimensioni inferiori a 1/16 di millimetro. Il cemento (per definizione carbonatico) può essere costituito da calcite o da aragonite, ma esistono anche marne dolomitiche, in cui la frazione carbonatica è dolomitizzata. L'aspetto può essere terroso e più o meno friabile (nel caso di litotipi poco coerenti, a scarsa cementazione), fogliettato (nel caso di marne fittamente stratificate e laminate), oppure massivo, con frattura scheggiosa o anche concoide (nel caso di marne ad elevato tenore di carbonato). Sovente i sedimenti marnosi risultano fossiliferi, talora con notevole abbondanza di forme e di esemplari, con fossili in buono stato di conservazione.
Come roccia carbonatica, la marna reagisce con effervescenza se immersa nell'acido cloridrico.

Rosso Ammonitico

Calcare marnoso nodulare in facies di rosso ammonitico. (Domeriano, alta Brianza). Si tratta di una superficia di strato in cui sono ben visibili i noduli carbonatici (più chiari) immersi in una matrice marnosa rossastra. Sono visibili anche diverse impronte e resti corrosi di ammoniti (generi Dactylioceras e Arieticeras lato sensu).
Si dà il nome di rosso ammonitico ad una litofacies diffusa in Italia nelle Alpi meridionali, nell'Appennino umbro-marchigiano e nell'Appennino meridionale fino alla Sicilia, di ambiente pelagico. Il termine rosso ammonitico è generalmente preferito dagli autori italiani, mentre il termine ammonitico rosso è caratteristico degli autori svizzeri e in generale di lingua tedesca, ed è il più usato nella letteratura geologica internazionale.
Si tratta di calcari e calcari marnosi mal stratificati, con tessitura nodulare, caratterizzati generalmente (anche se non necessariamente) da una notevole frequenza di ammoniti fossili, e dal colore rosso o rosato (ma sono frequenti anche toni violacei e verdi) a causa dell'ossidazione del ferro (Fe3+). I noduli formano allineamenti irregolari e sono sovente deformati e appiattiti nel senso della stratificazione. Possono essere molto addensati, fino a compenetrati, con superfici stilolitiche che si sviluppano sia internamente ai noduli sia tra i singoli noduli. I noduli hanno generalmente limiti netti, colore più chiaro e un elevato tenore in carbonato di calcio, sotto forma di calcite, e appaiono "fasciati" da una matrice marnoso-argillosa di colore più scuro.

I fossili (solitamente ammoniti, ma anche nautiloidi, rostri e fragmoconi di belemniti, bivalvi pelagici del genere Bositra, articoli e piastre di crinoidi) si presentano spesso deformati e corrosi. I cefalopodi (ammoniti, nautiloidi e belemniti) sono nella maggior parte dei casi allo stato di modelli interni, privi della parete della conchiglia aragonitica, dissolta in fase diagenetica post-deposizionale (vedi paragrafi relativi alla genesi dei questi sedimenti). I livelli in facies di rosso ammonitico sono spesso interessati da superfici indurite con abbondanti strutture di bioturbazione e presenza di noduli e patine ferro-manganesifere e fosfatiche. Questi livelli, definiti hardgrounds nella letteratura geologica, costituiscono superfici di dissoluzione del carbonato o di mancata deposizione e segnano la presenza di lacune-tempo anche cospicue. Le facies di rosso ammonitico sono un classico esempio di serie condensata, cioè una serie che in uno spessore ridotto di roccia esprime una sedimentazione di lunga durata. Spesso, per i fenomeni descritti, fossili riferibili a periodi diversi si trovano mescolati per opera della dissoluzione del sedimento: le sezioni geologiche in facies di rosso ammonitico non sono quindi in generale sezioni di riferimento per l'istituzione di biozone. Per le sue peculiarità, la genesi delle facies di rosso ammonitico va considerata sia dal punto di vista deposizionale (cioè delle modalità di sedimentazione) che dal punto di vista diagenetico (cioè delle trasformazioni occorse posteriormente alla sedimentazione, con il seppellimento dei depositi). Questo tipo di sedimento si è deposto ad una profondità probabilmente superiore ai 200 metri, ma inferiore alla profondità di compensazione dei carbonati (CCD, dall'inglese: carbonate compensation depth), oltre la quale si realizzano condizioni di temperatura e pressione per le quali il carbonato di calcio passa in soluzione nelle acque e non si sedimenta. Sono depositi tipici di altofondi pelagici, in condizioni di buona ossigenazione e quindi di ricambio delle acque, per le evidenze di ambiente ossidante fornite dalla presenza di ossidi di ferro e l'assenza di caratteri anossici. Si trovano di frequente in aree caratterizzate da tettonica distensiva, con alternanza di paleo-alti relativamente stabili (sui quali si deponevano serie condensate, tra cui spiccano i depositi di rosso ammonitico) e bacini ad elevata subsidenza, nei quali si deponevano sedimenti torbiditici.

I sedimenti originari erano fanghi calcarei con componente detritica di origine prevalentemente biologica, da resti di organismi. Questi ultimi sono di solito dispersi nel sedimento, anche se localmente possono raggiungere un notevole addensamento. Dal punto di vista petrografico abbiamo prevalenti mudstones e wackestones, meno frequentemente packstones bioclastici. Ai depositi carbonatici in facies di rosso ammonitico possono talora essere intercalati livelli di areniti, conglomerati e brecce più o meno grossolani contenenti clasti extra e intra-formazionali (cioè provenienti da formazioni circostanti o dalla stessa formazione) rimaneggiati, legati alla presenza di faglie sin-deposizionali. Possono essere presenti anche strutture deposizionali interpretate come laminazioni da onda e da corrente, che rappresentano depositi torbiditici a granulometria fine, o depositi da tempesta. La presenza di hardgrounds e le frequenti lacune stratigrafiche sono spiegabili con una posizione al limite della CCD e nella fascia di oscillazione relativa della superficie di compensazione dei carbonati: in queste condizioni l'aumento dell'attività sin-sedimentaria delle faglie di bordo dei paleo-alti poteva portare facilmente ad uno sprofondamento locale del piano di sedimentazione al di sotto della CCD, con dissoluzione e assenza di deposizione che si poteva protrarre per qualche tempo fino ad un nuovo mutamento del quadro strutturale e deposizionale. La CCD poteva probabilmente anche alzarsi o abbassarsi per cause connesse alla circolazione oceanica e atmosferica. Secondo altri modelli, un abbassamento eustatico del livello marino (come ad esempio quello riscontrabile nel Toarciano superiore) poteva causare la diminuzione improvvisa del battente d'acqua, portando il sedimento entro il raggio di influenza delle onde di tempesta e delle correnti oceaniche superficiali, che potevano asportare in tutto o in parte il sedimento micritico e impedire la sedimentazione per un certo periodo di tempo. I modelli deposizionali sono quindi tutt'altro che univoci e difficilmente generalizzabili, ma vanno considerati nell'ambito quadro stratigrafico e deposizionale locale cui si riferiscono.

Modelli diagenetici
Analoga incertezza ha regnato a lungo per quanto riguarda l'origine diagenetica di queste facies, che verteva soprattutto sulla tempistica relativa degli eventi. Le ipotesi di letteratura sono riconducibili a due modelli fondamentali:
dissoluzione sottomarina selettiva del sedimento non ancora seppellito, con concentrazione del residuo insolubile nella matrice;
dissoluzione e riprecipitazione in fase diagenetica, dopo il seppellimento dei depositi.
Il secondo modello è quello attualmente più seguito dagli autori. Le facies in esame sembrano essere state prodotte da fenomeni di dissoluzione e riprecipitazione in fase di diagenesi precoce (cioè poco dopo la deposizione). Durante il seppellimento, il peso dei sedimenti avrebbe causato la dissoluzione parziale del carbonato. Il processo di dissoluzione era selettivo, poiché la componente aragonitica (legata ad esempio alla conchiglia delle ammoniti) passa in soluzione prima della calcite. Il carbonato riprecipitava negli interstizi del sedimento in forma di calcite e cresceva in maniera esclusiva, colmando i vuoti e formando i noduli, mentre i residui insolubili argillosi e metallici venivano "spinti" da parte e andavano a formare la matrice. L'accentuarsi del carico di sedimento deformava poi i noduli, mentre il processo di dissoluzione da pressione poteva arrestarsi oppure proseguire fino all'addensamento dei noduli e alla compenetrazione delle superfici nodulari, spesso con formazione di superfici stilolitiche.
Livelli risedimentati entro facies di rosso ammonitico. A sinistra: livello di brecce con clasti intra-formazionali e noduli rimaneggiati immersi in abbondante matrice marnosa rossa, in livelli del Domeriano. Il livello si distingue nettamente da quelli sottostanti e soprastanti (non rimaneggiati) per l’assetto caotico. A destra: livello di megabreccia dello spessore di diversi metri che interessa livelli di rosso ammonitico di età toarciana. In questo caso si tratta di clasti di origine sia intra-formazionale che extra-formazionale (da formazioni più antiche, come il Calcare di Domaro), “imballati” entro una matrice marnosa rossa. Questi livelli si sviluppano al margine di un paleoalto, in ambiente pelagico, per franamenti successivi in seguito ad attività tettonica. Alta Brianza (Lombardia). 


Nelle principali serie stratigrafiche alpine e appenniniche, il rosso ammonitico si è depositato durante un intervallo di tempo che va dal Triassico medio al Giurassico superiore. I momenti di massima diffusione di questo tipo di facies sono però di gran lunga il Lias superiore, corrispondente ai piani stratigrafici Toarciano e Aaleniano (l'orizzonte più caratteristico è il Rosso Ammonitico Lombardo) e il Giurassico medio-superiore (il tipico Rosso Ammonitico Veronese costituisce l'orizzonte più recente, con età che vanno dal Baiociano al Titoniano inferiore, pur con ampie lacune interne per assenza di sedimentazione).

Facies di rosso ammonitico, pur essendo particolarmente diffuse in Italia, si trovano in tutta la "cintura alpina" sud-europea, dalla Spagna meridionale alle catene dinarica e carpatica (Serbia e Bulgaria), alla Grecia e alla Turchia, fino alla catena himalayana. La diffusione di questi sedimenti appare legata a momenti di spiccata espansione degli oceani e a periodi di "stazionamento alto" del livello marino, con scarsità di apporti terrigeni dalle aree continentali. Nel Triassico superiore e nel Giurassico, la presenza di queste facies è in stretta relazione con l'espansione del dominio oceanico della Neo-Tetide e con la conseguente frammentazione e scomposizione dei margini continentali europeo e africano. Di quest'ultimo faceva sostanzialmente parte la microplacca Adria, che costituiva il domino sudalpino-appenninico ancestrale. Le facies di rosso ammonitico declinano rapidamente alla transizione Giurassico-Cretaceo, sostituite da depositi pelagici a più elevato tenore di carbonato di calcio, per la migrazione della CCD a profondità più elevate. Le ragioni di questo evento (ancora oggetto di dibattito fra gli specialisti), sono probabilmente riconducibili sia ad importanti variazioni nelle condizioni di circolazione marino-oceanica che all'esplosione evolutiva degli organismi planctonici a guscio calcareo, che forniscono la maggior parte del sedimento pelagico.
In Italia il termine litostratigrafico successivo ai rossi ammonitici di età giurassica superiore e ai sedimenti coevi è la Maiolica (in tutte le sue espressioni).

Bibliografia
Baki Varol, Ergun Gökten (1994). The facies properties and depositional environments of nodular limestones and red marly limestones (Ammonitico Rosso) in the Ankara Jurassic sequence, central Turkey. Terra Nova 6 (1), 64–71.
Ricci Lucchi F. Sedimentologia. Bologna, CLUEB, 1980. Parte 3, cap. 10, pp. 394-395.

mercoledì 7 settembre 2016

Diagramma QAPF

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il diagramma QAPF, detto anche di Streckeisen da Albert Streckeisen (8/11/1901-29/09/1998) mineralogista svizzero, è un diagramma a due triangoli usato per classificare le rocce ignee su base mineralogica.
L'acronimo QAPF sta per "Quarzo, Alcalifeldspati, Plagioclasio, Feldspatoidi". Per classificare una roccia ignea si guarda quindi la composizione percentuale di questi minerali.
Il diagramma QAPF è usato principalmente per classificare le rocce plutoniche (intrusive) e le rocce vulcaniche effusive se è possibile ricavare la composizione mineralogica modale. In questa classificazione non rientrano però i minerali mafici, non può quindi classificare rocce con più del 90% di minerali mafici (ad esempio peridotite e pirossenite).
Il diagramma è stato ideato dalla IUGS (International Union of Geological Sciences).
Diagramma QAPF per la classificazione delle rocce plutoniche
Diagramma QAPF per la classificazione delle rocce vulcaniche effusive

Andesite


Andesite: An extrusive igneous rock of intermediate composition, often gray in color. The main minerals present in andesite are plagioclase and hornblende. The word “andesite” comes from the Andes Mountains in South America, where this rock type is common. Around the world, andesitic magma erupts out of volcanoes along convergent boundaries, and its intrusive equivalent is diorite.


L'andesite è una roccia ignea effusiva di chimismo intermedio con tessitura da afanitica a porfirica. I minerali presenti nella roccia sono principalmente plagioclasio, pirosseni e orneblenda. Possiamo trovare come minerali accessori anche biotite, quarzo e magnetite. L'andesite è considerata il corrispondente effusivo della diorite. L'andesite è caratteristica di zone di subduzione come la costa occidentale del sud America. Il nome Andesite deriva infatti dalla catena montuosa delle Ande. Le andesiti sono molto comuni negli stratovulcani, dove formano sia spessi flussi di lava, che eruzioni moderatamente esplosive di tefra. Le andesiti sono eruttate a temperature comprese fra i 900 ed i 1100 °C. Le lave dell'Etna appartengono in gran parte alle andesiti e ai basalti andesitici.

lunedì 5 settembre 2016

Ardito Desio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


Ardito Desio (Palmanova, 18 aprile 1897 – Roma, 12 dicembre 2001) è stato un esploratore e geologo italiano.
Primogenito di Antonio e Caterina Zorzella di Cividale, ebbe due sorelle, Nelsa e Bruna; frequentò le scuole elementari a Palmanova, le medie inferiori a Udine, le superiori a Cividale e poi a Udine nel liceo Jacopo Stellini.
Nel 1915 si arruolò come volontario della prima guerra mondiale e prestò servizio dapprima in una compagnia di Bersaglieri ciclisti, poi come ufficiale degli Alpini. Assegnato all'8º Reggimento Alpini e caduto in prigionia sul Monte Pasubio, trascorse un anno in Boemia.

Nel 1920 si laurea in Scienze Naturali presso l'Istituto di Studi Superiori di Firenze con Carlo De Stefani, di cui diviene assistente, prima di prestare analogo servizio negli atenei di Pavia e Milano. Dal 1927 al 1972 copre la cattedra di geologia all'Università di Milano, dove fonda l'Istituto di Geologia. È anche presidente della Società Geologica Italiana. Nel 1972 è insignito del titolo di Professore Emerito.

Autore di oltre 400 testi che illustrano i risultati di ricerche svolte in Italia, in Asia e in Africa, ottenne i risultati più notevoli in Libia (allora colonia italiana), ove tra il 1926 e il 1940 effettuò numerosi rilievi scoprendo ricche sorgenti sotterranee d'acqua nella zona di Misurata e nella Gefara, e rinvenendo anche giacimenti di petrolio. Fu però in seguito criticato per non aver saputo intuire l'importanza strategica del petrolio libico, che non venne conseguentemente valorizzato in modo adeguato durante la dominazione italiana.

Nel 1929 partecipa alla spedizione italiana guidata da Aimone d'Aosta al Karakorum; in seguito organizzerà e dirigerà 15 spedizioni in Asia e Africa.

Nel luglio del 1954 è organizzatore e capo della spedizione del Club Alpino Italiano al K2, durante la quale Achille Compagnoni e Lino Lacedelli vincono per la prima volta la vetta del monte himalaiano.

Dopo la fortunata conquista, che lo rende famoso pur non essendo egli un alpinista ma un ricercatore, Desio continua ad impegnarsi in molti campi e ad occuparsi delle amate montagne. Nel 1987 progetta una spedizione avente lo scopo di ottenere misure più precise dell'altitudine della vette dell'Everest. Ultranovantenne visiterà i laboratori installati al campo base delle montagne himalaiane.

Ardito Desio si spegne il 12 dicembre 2001 all'età di 104 anni, dopo esser stato sottoposto a un intervento chirurgico per ridurre una frattura al femore a seguito di una caduta accidentale avvenuta a Orbetello in Toscana, dove si trovava in vacanza. Viene sepolto come da suo desiderio nel cimitero della città natale, Palmanova.

Oggi l'Archivio Desio, che contiene la documentazione testuale, fotografica e filmata dell'attività esplorativa e scientifica di Desio, è ospitato presso la sede della sezione di Roma del Club Alpino Italiano. La sezione testi dell'archivio è composta sia dagli scritti scientifici che dai diari delle spedizioni, dalle relazioni tecniche, da poster e cartoline e dai carteggi personali dello scienziato; la sezione immagini è costituita da circa quarantamila fotografie di vari autori e da circa quaranta filmati in bianco e nero e a colori. L'archivio contiene inoltre una sezione oggettistica, principalmente riguardante oggetti utilizzati nelle spedizioni o strumentazione fotografica e tecnico-scientifica.

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